Bisio: tra Zelig e rai (intanto) scelgo di tornare sul set

A Milano le riprese de «La cura del Gorilla» con Ernest Borgnine alla sua prima prova in italiano

Testata
Corriere della Sera
Data
1 giugno 2005
Firma
Giuseppina Manin
Immagini
Immagine dell'articolo sul Corriere della Sera

C’è il Gorilla e c’è il suo Socio. Il Gorilla è bonaccione. bambinone, un po’ cialtrone. Socio invece è razionale, cinico e violento. Gorilla con le ragazze fa il romantico, Socio va subito al sodo. Gorilla fuma come un turco, Socio detesta le sigarette e si spruzza spray alla menta in bocca per levarsi quel saporaccio che gli lascia l’altro. Perché Gorilla e Socio sono due anime, una bianca e una nera, costrette a convivere nello stesso corpaccione: alto, massiccio, un cranio calvo, due occhi un po’ a palla, teneri o crudeli a seconda di chi dei due se ne impossessa. Un identikit che corrisponde alla perfezione a quello di Claudio Bisio, protagonista non per caso de La cura del Gorilla, film un po’ giallo e un po’ noir in lavorazione a Milano sullo sfondo post industriale delle Cartiere Binda, tratto dall’omonimo libro di Sandrone Dazteri, che questo investigatore schizzato e insonne ha modellato proprio a immagine e somiglianza di Bisio.

E l’idea dl diventare Jekyll e Hyde con la sola metamorfosi di un paio di occhiali (Socio è miope) ha tentato il comico, convincendolo a tornare su un set sei anni dopo «Asini». Regista stavolta un esordiente, Carlo Sigon, produzione di Colorado e Warner Bros Italia, cast con nomi di collaudata esperienza come Stefania Rocca, Antonio Catania, Bebo Storti, Gigio Alberti, più un mito del cinema: Ernest Borgnine. Che a 88 anni si diverte a farsi il verso nei panni di Buck il selvaggio, richiamo cinefilo a Il mucchio selvaggio, dove Borgnine cavalcava insieme con William Holden. «Questo è il mio 184mo film, il primo che giro in italiano», annuncia fiero di poter rispolverare la lingua dei genitori, la madre era di Carpi, il padre di Torino. A Hollywood non c’era star con cui non abbia lavorato: «Ma il migliore di tutti era Gary Cooper, un gentiluomo». Adesso? «E’ tutto cambiato, i film mostrano solo violenza e gente che va a letto, durano una settimana e spariscono senza lasciar traccia. O non escono affatto, come è stato per 11 settembre 2001, troppo scomodo per gli Usa. Io avevo interpretato l’episodio di Sean Penn. Comprerò il dvd in Italia».

Bisio lo guarda incantato. «Ernest ha la simpatia, l’energia, l’umiltà di veri grandi. Una lezione per tutti», commenta. E ironizza: «Lui interpreta un divo con tanta gloria alle spalle che però viene ricordato solo per una serie western tv. In dimensioni minori capita anche a me: ho fatto cinema, teatro ma per tutti sono quello di Zelig. Tv, ti odio», mormora sorridendo. Che fare allora, restare a Mediaset o andare alla Rai? «Deciderò nelle prossime ore», temporeggia. Ma la tentazione sarebbe un’altra. «Prendermi un anno sabbatico, fare le cose che amo davvero, Il Cinema, il teatro. Mi aspetta un testo bellissimo, Merci, dl Pennac. Come dire no?».

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