CESVI

CESVI

Ho aderito (e continuo a farlo) a numerose manifestazioni a carattere benefico, ma forse per essere davvero utile è meglio associare il proprio nome ad un’organizzazione precisa, sostenendola sia con l’appoggio personale che con l’immagine pubblica.

Ho scelto il CESVI. Li conosco dal 2000 e ho deciso di sostenerli perché mi piace come lavorano: realizzano progetti assieme alle comunità locali, li rendono possibili, gli danno forma, fanno formazione e poi lasciano ciò che è stato costruito al gruppo di lavoro locale affinché il progetto viva negli anni in modo autonomo. Insomma, “li aiutano a casa loro”, non attraverso facili slogan, ma grazie a un lavoro serio e competente. Per questo li sostengo da molti anni. 

Il primo progetto che mi ha visto a loro fianco è stato “Fermiamo l’Aids sul nascere” che aveva come partner l’ospedale St.Albert che si trova a circa 200 km a nord di Harare, la capitale dello Zimbabwe. Lo Zimbabwe?!? Fino ad allora per me era solo un nome sulla cartina geografica del mondo. Da quel momento, invece, ha preso corpo e si è popolato di nomi, volti e progetti di cui ho seguito - a distanza - difficoltà e successi, sconfitte e vittorie.

Il mio rapporto con il Cesvi ha visto molte altre iniziative, ma il primo amore non si scorda mai e il sogno di andare, prima o poi, con loro in Zimbabwe per vedere dal vivo ciò che è stato realizzato e dare finalmente corpo a quei tanti nomi e volti, è sempre stato presente. E a settembre 2018 ce l’ho finalmente fatta!

Ho passato una giornata alla Casa del Sorriso di Harare. Qui c’è il sorridente Marama (Enias Marama) che ogni giorno accoglie i ragazzi di strada, ai quali viene data la possibilità di lavarsi e fare il bucato, ma anche trovare educatori disponibili all’ascolto, ricevere un pasto caldo, fare educazione sanitaria e sessuale, imparare a usare il computer o suonare uno strumento.

Ho visitato il magnifico aranceto di Shashe, un progetto stupendo che coinvolge numerose comunità che lì lavorano e che grazie al lavoro di Loris Palentini (il responsabile Cesvi per lo Zimbabwe) e di Munya (Munyaradzi Katemaunzanga) stanno maturando un’esperienza che le porterà a operare come una vera e propria cooperativa in grado di autosostenersi.

Infine, sono andato all’ospedale St. Albert, lì dove tutto ebbe inizio, lì dove un gruppo di missionarie zimbabwane non fa miracoli, ma con grinta e tenacia fa funzionare un ospedale con un indotto di oltre centoventimila abitanti… Qui ho incontrato Takunda e la sua mamma-coraggio Safina. E l’emozione è stata grande... Takunda significa “abbiamo vinto” ed è il nome che Safina ha voluto dargli perché è stato il primo bimbo nato sano da madre sieropositiva. Questo grazie al progetto “Fermiamo l’Aids sul nascere” e all’incredibile coraggio di Safina che, superando pregiudizi e paure, è stata la prima donna ad aderire alla proposta Cesvi. L’avevo incontrato piccolino a Bergamo, quando assieme alla mamma era venuto in Italia per dare voce e corpo al successo della campagna Cesvi. E’ stato bellissimo rivederlo sano, alto e sorridente, alla soglia dei suoi magnifici 18 anni, fiero della sua pagella scolastica e in procinto di dare gli esami di maturità. 

Insomma, ve la faccio breve. Il viaggio è stato molto molto emozionante e sono certo mi accompagnerà a lungo (il mal d’Africa esiste, lo confesso).  Ma questo viaggio mi ha anche ulteriormente convinto dell’importanza e della necessità di sostenere il Cesvi. Quindi, ragazzi provate anche voi a conoscerli meglio e ad aiutarli come potete: www.cesvi.org

 

Claudio Bisio per Cesvi Fermiamo l'Aids sul nascere

 

Immagini

Articoli/Recensioni

Allegati/Varie