La seconda volta

La seconda volta

La seconda volta è sempre meglio della prima.

Le mani si muovono con più sapienza, esperienza, disinvoltura. Conoscono già. Sanno che a una certa azione corrisponde quella precisa reazione. A volte è proprio un fatto meccanico, chimico, idraulico. Altre volte è una reazione più scomposta, che può trarre in inganno, può sembrare persino insolita. E invece no, è un riflesso condizionato, evocato da un suono, un movimento brusco; forse una pausa, un silenzio.

 

La prima volta c’è quasi solo curiosità, premi lì a vedere cosa succede. E’ andata bene. Allora ripremi. Poi ancora. Ci provi gusto: “Perché cambiare gesto se quello lì funziona così bene?” Ti arriva un cazzotto. Allora cambi. E riprende la curiosità, ma a questo punto anche la paura, perché il cazzotto ti ha fatto male. E come un topo di Pavlov i tuoi movimenti ricominciano col preciso ricordo di quel dolore e la volontà di non ripetere quell’esperienza.

Sai che la tua fantasia è pilotata, ma è una sensazione piacevole.

Procedi guardingo, quasi in surplace, come un ciclista che aspetta la mossa dell’altro, per poi scattare da dietro, ciucciargli la scia e vincere in volata.

E così è. Ora sono i tuoi movimenti ad essere reazioni, ti senti una sperduta pedina tra due damoni che ti costringono a muoverti come piace a loro, ti stringono ai bordi, si adagiano su di te, ti schiacciano. Ti senti un brandello di puzzle costretto a improbabili, ma inevitabili incastri; ogni tua convessa corrisponde a una concava altrui. Indietreggi, scarti di lato, timidamente cerchi di nasconderti. Niente da fare. Sei sfiorato, poi toccato. Una, due, tre volte… ti senti morire.

Riprovi. Hai capito cosa funziona e cosa no. Ma è la tua prima volta e non ha senso nasconderti come hai cercato di fare finora. Devi esplorare, avere il coraggio di sbagliare, muoverti più random. Non esistono istruzioni, e anche se esistessero non le leggeresti.

Sì, situazioni simili le hai viste qualche volta al cinema, e hai anche riso con gli amici, ma non hai mai pensato che un giorno sarebbe capitato a te. E ora sei lì, protagonista, in un film che in realtà è solo un piano-sequenza, una lunga soggettiva… lunga, dipende da te, dalla tua resistenza, dalla tua abilità, dalla tua fantasia. “Entro lì dentro? Massì!” Altra papagna in faccia. “Meglio di no, non ora, non subito.”

E la prima volta se ne va via così, tra i tuoi sogni proibiti e i colpi che ricevi, altrettanto proibiti. “Tanto non la volevo neanche mangiare!” disse la volpe pensando a quell’uva per lei irraggiungibile. E neanche tu, forse davvero, volevi arrivare fino in fondo, concludere, appagarti. In fin dei conti era solo la prima volta.

 

 Ma la seconda volta no. Basta giochetti, indugi, convenevoli. Questa volta devi portare a casa il risultato, ne va del tuo onore. Gli amici sanno che ci avresti riprovato. Non si ammettono sconfitte e il pareggio non è previsto. Così parti subito all’attacco. Ti giochi i preliminari con professionale celerità. Risparmi energia. “Mordi e fuggi!”, questo è il tuo motto. Stai andando bene, ti concedi il lusso di una piccola pausa. Ti arriva un papozzo. Ti rialzi stordito e ricominci. Le tue dita sono agilissime. Ti muovi leggiadro. Un lieve e compiaciuto sorriso ti attraversa il viso. E’ consapevolezza. Sai di sapere cosa ti aspetta. Colpito! …mai essere troppo sicuri di sé. Ti aggiusti la mandibola, digrigni i denti. “Quando il gioco si fa duro…” pensi e ti rituffi nella mischia. Ora sei scomposto: ansimi, rantoli, sudi. Senti che ce la puoi fare. Forse il segreto è non pensare a niente. Come gli animali, solo istinto. Le dita si muovono più con forza che con sapienza. Le anche si agitano ritmicamente. Non ti accorgi neppure di avere una leggera bavetta alla bocca. Ci sei! Questa volta ce la fai! Ce la puoi fare! Ce l’hai quasi fatta! Ce l’hai fat… STUCK!!! Stramazzi al suolo.

“Ma no, cacchio, mi hai fottuto anche la terza vita!… ed ero solo al primo livello!”

GAME OVER.