Argomento

Atto l

Tamino, giovinetto, è spinto da una forza strana in un piccolo bosco. Chiede aiuto. Un serpente terribile lo insegue. Tamino sviene. Da un tempietto escono tre Dame, armate d'elmo e di lancia, e uccidono il serpente. Dalle loro parole si capisce che hanno compiuto una missione per una potente Regina. Ma, prima di andare a riferire l'esito felice, si fermano a guardare, invaghite, il giovinetto svenuto. Ciascuna, se potesse, lo vorrebbe per sé.

Tamino si risveglia: non sa dov'è, non capisce chi l'abbia salvato; sente uno zufolo: finalmente qualcuno. Ma l'uomo che arriva è una creatura curiosa: tutto coperto di penne, quasi fossero sue, dà la caccia agli uccelli, e canta allegramente. "Chi sei?", chiede Tamino. "Un uomo, e tu?", risponde l'altro; ma quando Tamino gli rivela d'essere un principe, non sa che cosa sia un regno, anzi nemmeno immaginava che ci fossero altri paesi oltre al suo; il suo lavoro, che è consegnare uccelli catturati alle tre donne con le lance, perché possano portarli alla Regina dal manto scuro sfavillante, colei che nessun occhio umano può vedere: la Regina della Notte. Ad un tratto si lascia anche scambiare per l'uccisore del serpente: subito le tre Dame escono ancora dal tempietto e gli mettono un lucchetto alla bocca, per punirlo della bugia.

Ma hanno anche ben altro da fare: consegnano a Tamino, a nome della Regina, il ritratto d'una giovinetta. Il principe lo guarda, ed una commozione nuova lo folgora: è l'amore. Le Dame gli rivelano che il nome dell'amata è Pamina, e che è stata rapita da un malvagio, potentissimo tiranno. Tamino non ha esitazioni: correrà a salvarla.

Allora, il bosco si squarcia, tutto s'abbuia e, vestita di cielo e di stelle, appare la Regina della Notte. Ella promette a Tamino la mano della figlia, quando egli l'avrà liberata.

Bisogna immediatamente partire. Per aiutarlo nell'impresa, le Dame consegnano a Tamino un flauto, magico; ma tolgono anche il lucchetto a Papageno, e col regalo di certi magici campanelli lo convincono a seguire Tamino.

Sarastro è il potente che ha rapito Pamina: nel suo palazzo l'ha affidata al capo delle guardie, il negro Monostatos, che l'ha subito concupita: per poco ella era riuscita a fuggire, ma era stata subito ripresa, con dispiacere degli stessi schiavi. Noi la vediamo proprio mentre Monostatos la incatena: ed è a quel punto che, da chissà dove, sbuca anche Papageno, che si trova faccia a faccia con lui. Non aveva mai visto un negro, e il negro mai un uomo con tante piume: s'impauriscono, scappano tutt'e due. Ma Papageno torna presto indietro, riconosce, dal ritratto che ha con sé, Pamina, le rivela che un principe l'ama e la convince ad andar via con lui. Fra la principessa prigioniera, presaga d'amore, e il ragazzo dei boschi, desideroso di tornare alla sua capanna e di trovare una ragazza uguale a lui, fiorisce immediata l'amicizia.

C'è un piccolo sentiero: Tamino lo percorre, seguendo un vascelletto volante dove stanno tre ragazzini, che gli mostran la strada, come le Dame avevano annunciato. E così giunge alle tre porte del Tempio nella città di Sarastro. L'immagine lo sconvolge: tutto dice arte, pace, saggezza. Due porte sono invalicabili, alla terza appare un sacerdote, l'Oratore, e lo interroga. Tamino, nella sua giovinezza ardente e ingenua si ribella: non può esserci pace né virtù dove regna il rapitore di Pamina. Ma l'Oratore con solennità pacata lo rimprovera: il suono della voce della Regina della Notte è affascinante, ma Tamino ha badato più a quello che alla nobiltà dei suoi fini: in questo modo non apprenderà mai la verità. Un'arcana sapienza emana dalle parole dell'Oratore: sopraffatto, Tamino chiede quando finirà il buio di tanto mistero: ma riceve una profezia ancora oscura. Voci lontane e scure rispondono alle nuove due domande: quando Tamino apprenderà da loro che Pamina è viva, sente in quelle risposte il segno della verità: la gioia lo inonda e per ringraziare gli Dei suona per la prima volta il suo flauto. Allora, gli animali della foresta si fanno attorno a lui e s'incantano, acquetati, ad ascoltare.

Anche Papageno, da lontano, risponde col suo zufolo al flauto: si cercano, ma non si trovano. Vediamo Papageno con Pamina, e Monostatos con gli schiavi riesce a riacciuffarli; ma Papageno suona i campanelli, gli schiavi come ipnotizzati si mettono a ballare insieme al loro capo e scompaiono lontano. E proprio in quel momento arriva dalla caccia il corteo di Sarastro.

Ma quando appare Sarastro, nulla fa pensare a un tiranno malvagio. La sua gente lo invoca. Pamina stessa gli si rivolge con rispetto. All'improvviso Monostatos conduce Tamino, che ha scoperto presso il tempio. Pamina non l'ha mai veduto: ma lo riconosce; Tamino di Pamina ha visto solo un istante il ritratto, ma capisce immediatamente che è lei. Si gettano fra le braccia l'uno dell'altra. Monostatos li separa, chiede un premio per la sua fedeltà; Sarastro invece, che ha capito in lui un interesse poco nobile verso Pamina, lo fa frustare. Ora ha l'autorità sacra su tutti: comanda che Tamino sia condotto al Tempio; Papageno lo segue. Un grande destino attende Tamino e Pamina. Ed un lungo viaggio: non più da regioni lontanissime al Tempio, ma, dentro al Tempio, dentro a se stessi.

Atto II

In un boschetto sacro, presso una piramide, Sarastro spiega ai sacerdoti radunati quale sia il grande fine che l'ha mosso a rapire Pamina e a proteggere Tamino: gli Dei li hanno destinati, la loro unione, se ne saranno degni, potrà rendere vani i progetti della Regina della Notte per impossessarsi del suo regno e del suo tempio. La loro unione potrà fare tornare l'armonia fra il regno della Notte ed il regno del Sole. I Sacerdoti approvano. Tutti pregano insieme Iside ed Osiride. E’ ormai notte, nel tempio. La notte della veglia e dell'attesa. Due sacerdoti accompagnano con fiaccole Tamino e Papageno verso le prove dell'iniziazione. Li condurranno via via incappucciati, ed ogni volta li abbandoneranno col volto libero, ma nell'oscurità, da soli. S'avvicina la prima prova: in mezzo a tuoni tremendi, Tamino si dichiara pronto a sfidare la morte per ottenere Pamina e la saggezza. Papageno dalla saggezza non è molto attratto, dalla morte nemmeno un po’; vorrebbe tanto una Papagena per lui, ma per non correre troppi rischi è disposto a restar scapolo. I due sacerdoti dicono le condizioni per la prima prova: il silenzio; e li invitano a diffidare delle donne.

Appena il tempo di restare soli al buio, e si presentano le donne: le tre Dame del regno della Notte: la Regina stessa, avvertono, è nel tempio, segretamente. Raccontano di inganni di Sarastro e dei suoi, li invitano a scappare. Papageno si spaventa, dubbioso, ma Tamino non si cura di loro, e si impone. Le donne, sconfitte, precipitano chissà dove. Per Tamino e Papageno il viaggio prosegue.

In un luogo del tempio, ora c'è Pamina, e sta dormendo in un letto di rose. Furtivamente, Monostatos le si avvicina, sopraffatto dalla libidine: che la luna si volti dall'altra parte se non vuole vedere un nero profanare una bianca. Ma d'improvviso appare la Regina della Notte. Come Monostatos, nascosto, anche noi apprendiamo finalmente ora la loro storia. Ci fu un tempo in cui il padre di Pamina regnava sul Sole e sulla Notte, nell'armonia dell'universo; ma al momento di morire, consegnò il Cerchio settemplice del sole, magico segno che dà il dominio, alla cerchia degli Iniziati di Sarastro, il quale ora lo porta sul petto. Per riprenderlo, la Regina ha ordito un piano, destinato a sfumare ora che Tamino s'è consacrato agli Iniziati. "Mio padre aveva stima degli Iniziati", osserva Pamina, che vuol continuare ad amare Tamino liberamente. Ma sua madre le pone tra le mani un pugnale, e in un delirio di suoni meravigliosi la minaccia: se non ucciderai Sarastro, non sarai più mia figlia. Pamina resta sola, o così crede. Monostatos esce dall'ombra e la ricatta: amami, se non vuoi che faccia uccidere tua madre; amami anche se sono nero, oppure muori. Alza il pugnale, ma si ferma: Sarastro entra: l'animo nero, non il volto, dice, rende indegno Monostatos. Pamina gli chiede: non punire mia madre. Sarastro, dolcemente, le spiega che in lui e nel suo regno non esiste la vendetta. Nell'amicizia, nel perdono, nell'amore sta la dignità d'essere umani.

Ancora più all'interno del tempio, Tamino e Papageno vivono la prova del silenzio. Papageno parla per conto suo, ha nostalgia del bosco, e quando una vecchia gli arriva vicino si mette a scherzare con lei: solamente rimane preoccupato perché lei sostiene d'esser fidanzata a un certo Papageno. Poi arrivano ancora i ragazzini, e calano dalla navicella cibo e bevande, per sostenere la veglia. Tamino suona il flauto, ed a quel suono accorre Pamina: ma Tamino non può parlare, e a lei non resta che capire e sentirsi morire.

La veglia sta compiendosi. I sacerdoti sciolgono il canto alla luce del giorno che comincia a nascere. Ora, nel cuore del tempio, Sarastro chiama Tamino e Pamina, e li riunisce ma soltanto per un addio. Tamino affronterà la grande prova: camminare nel fuoco, entrare nell'acqua che lo sovrasterà e nemmeno in quella arrestare il cammino. Per Papageno, rimasto solo, c'è la consolazione d'un bicchiere di vino rosso, e il sogno della sua Papagena: ma gli appare di nuovo la vecchia e gli comanda con minacce di sposarla e di esserle fedele: poi, d'improvviso si trasforma nella bella, giovane Papagena.

L'Oratore accorre troppo presto: i due sono separati.

II primo raggio del mattino raggiunge la natura. I tre ragazzini nel giardino del tempio, invocano la pace, perché torni. Ma scorgono Pamina, stravolta, con il pugnale di sua madre, pronta ad uccidersi. Si sente abbandonata, e tutto il peso d'un dolore al di sopra d'ogni speranza è su di lei. I ragazzini le parlano di Tamino, dell'amore, e la trascinano via.

Tamino è ora alle soglie del luogo delle prove del fuoco e dell'acqua. Due armigeri maestosi leggono il proclama antico del grado supremo dell'Iniziazione: affrontare fuoco, acqua, aria e terra, senza temere di morire. Tamino è pronto.

Ed è in questo momento che, da lontano, si sente la voce di Pamina, che gli chiede d'aspettarla. Tutta la sacra compostezza di Tamino si scioglie in una gioia senza nome: i due s'abbracciano, affronteranno la morte insieme. Qualcosa di ancora più grande dell'Iniziazione sta per accadere, la nuova coppia potrà riportare l'armonia nell'universo. Ma per loro, ora, tutto l'eroismo e la fede stanno nelle parole di Pamina: "Così ti guiderò, l'amore guidi me". Al suono del flauto magico, Tamino e Pamina attraverseranno il fuoco e l’acqua. La gente di Sarastro sente le loro voci vincitrici e accorre a festeggiare i prediletti degli Dei.

Papageno cerca Papagena. Non la trova. Nel giardino, finalmente, s'accorge che anche il suo dolore è disperato: "Non sapevo proprio che… che la morte facesse per me". Decide d'impiccarsi, quasi scherzando fino all'ultimo; anche per lui sono i ragazzini che devono intervenire, perché oramai ha già scelto l'albero adatto, e sta dando l'addio al mondo. "Perché non suoni i campanelli?" chiedono i ragazzini. Papageno era troppo desolato per pensarci: ora suona, aspettando fiducioso; ed alla sua fiducia questa volta il Cielo sembra proprio rispondere perché arriva, incantevole, Papagena. I due pronunciano poco a poco i loro nomi, s'abbracciano e cominciano subito a far progetti sui loro prossimi bambini: tanti piccoli Papageni.

Non c'è respiro: la Regina della Notte e le sue dame, guidate da Monostatos, traditore, avanzano, armate, per sorprendere Sarastro ed ucciderlo. Invano. Le forze della luce prevalgono, la terra inghiotte le subdole forze nemiche. Il Sole splende glorioso. Tutti si riuniscono attorno a Pamina e Tamino, nel nome di Iside ed Osiride. "Orami più paura la notte non fa, risplende più chiara la felicità".