Quel piccolo, farsesco Mefisto dei nostri giorni

«Faust, un travestimento»: gioco ironico su testo di Sanguineti

Testata
Il Giorno
Data
13 aprile 1989
Firma
Ugo Ronfani
Immagini
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«Habe nun, ach! Philosophie, Juristerei…». Così il Faust di Goethe: «Ahimé, ho studiato con zelo filosofia, giurisprudenza e medicina e purtroppo anche teologia. Eccomi qua, povero pazzo, e ne so quanto prima…».

Come direbbe un Faust da fine del secondo Millennio? Così, secondo Sanguineti: «Ahimé, ho studiato la psicologia dell’età evolutiva / la sociologia delle comunicazioni di massa, / la semiotica, la semantica, / la cibernetica, la prossemica, / l’informatica, la telematica... / E adesso eccomi qui, povero idiota, / e furbo come prima...».

La musica di «Faust, un travestimento» è questa. Fu Anouilh, credo, a dire del «Godot» di Beckett che era Pascal recitato dai clown Fratellini. Della parodia patafisica di Sanguineti si potrebbe dire - a elogio della sua comica godibilità - che è Goethe interpretato da Jerry Lewis. L'ha capito bene la giovane regista Monica Conti nel mettere in scena per il «progetto Goethe» del Ctb questa «confessione di un figlio del secolo» scritta or sono quattro anni dal sempreverde leader storico del Gruppo 6. Il risultato è uno spettacolo in cui l'irrisione colta, quella del Jarry di «Ubu Roi», si sposa - perché no, del resto? - con la canzonatura fumettistica di «Linus». Finale a parte, perché in un soprassalto romantico non sai se ironico o convinto, la «grande farsa» sanguinetiana si risolve in melodramma, con lacrima d'obbligo: Greta-Margherita muore, come da copione originale, invocando, a un tempo, la poverina, il dio muto e l'amante fuggiasco.

Premesso che lo scanzonato spettacolo segna lo scongelamento della crisi del Ctb (ora affidato alla cura dei fratelli Lievi, dopo le traumatiche, spiacevoli dimissioni di Renato Borsoni), vediamo un po' come nella chiesa-teatro di Santa Chiara è stato realizzato questo Goethe «sottoposto a contrappasso, anzi a contropelo».

Affacciato sul vuoto (ibernazione del '68, pensiero debole, sofistica post-modernista e via dicendo), il nostro Faust anni Ottanta - che potrebb'essere un docente del Dams - crede di sfuggire al risucchio nichilista con un travestimento in più. Continua dunque la «Puppenspiel» ch'è alla base del poema goethiano, la vicenda platealmente marionettistica dell'intellettuale in vena di trasgressioni che Sanguineti ha scritto giocando brillantemente sulla frammistione fra idioma colto e linguaggio di borgata, passando dalla sceneggiata al teatro epico, dall'avanspettacolo alla tragedia, dalla farsa all'operetta. Soltanto Greta - il cappuccetto rosa shocking, la punkina di periferia, la puttanella ignara della febbre del sabato sera - sfugge, lei cosi platealmente sofisticata nel vestire, al gioco dei travestimenti, perché è pulita di dentro. Nella farsa del parere, la piccola Greta è l'essere; e alla sua sorte il poeta si commuove.

In un impianto scenico di fortuna, limitato all'essenziale, la Conti è attenta a registrare i segni della parodia testuale. Il libro di Nostradamus è un rotocalco di oroscopi; invece del piede petulco Mefisto ha una zampa unghiuta da travestimento carnevalesco; la goccia di sangue del patto diabolico è quella di una siringa di drogato; Greta e l'amica vestono come ninfette da discoteca; per ingaglioffirsi Faust si traveste da rockettaro, e così via.

Anche la cucina della strega del «Fausti» di Strehler è una discoteca; con la differenza, evidentemente, che Sanguineti e la Conti, nella rappresentazione, non si dipartono dall'invenzione farsesca.

I quattro interpreti stanno al gioco, con tutta l'allegria della loro età.

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