Mai dire campagna
a cura di Elisabetta Oropallo

Mai dire campagna

La vita contadina come ricerca energetica della città

«Felicità, non sei in città / viva la campagna / viva la campagna / la civiltà è bella ma / viva la campagna che mi dà: un arcobaleno sereno, l’odore del fieno, il canto corale di mille cicale …». Con i versi di questa canzone, Nino Ferrer, nel 1969, esaltava i lati positivi della vita in campagna, facendola diventare un inno anti stress per tutti coloro i quali vivevano in città, correndo e guardando l’orologio. Da allora, pare che nulla sia cambiato, anzi. La vita in città è diventata sempre più stressante e invivibile e molti, se non tutti, avrebbero il desiderio di fuggire per trovare spazi più umani. Anche molti personaggi che appartengono allo show business hanno trovato nella casa in campagna molto più di un luogo in cui rifugiarsi e rilassarsi; la campagna è diventata quasi prevalente nella loro vita e la produzione di olio o vino sta trasformandosi in una serissima occupazione.

UN ATTORE, UN GIORNALISTA,UN ARTISTA DIVENTANO CONTADINI

Claudio Bisio, ad esempio, produce il "Bisunto" un ottimo olio extravergine pluripremiato, nel terreno del Chianti, in Toscana. Nelle sue vene scorre sangue contadino e coltivare la terra è sempre stato un suo sogno. Ha trovato un vecchio fienile circondato da un uliveto abbandonato da molto tempo e, con l’aiuto della pazienza e passione di un contadino,dopo alcuni anni è riuscito a iniziare la produzione dell’olio. A parte la potatura e la concimazione, Bisio si occupa in prima persona di tutto: dalla raccolta all’imbottigliamento, questo lavoro è uno “sfiancante” piacere a cui non riesce a rinunciare. Anche se gli ulivi non sono molti, riesce a produrre la quantità necessaria per il fabbisogno familiare e per regalarlo ad amici e parenti. La campagna lo rilassa e lo riconcilia con i ritmi naturali della vita e, tra le puntate di Zelig, una fiction televisiva e un film, per Bisio è il luogo ideale da dove partire e, soprattutto, dove tornare.
Dall’olio al vino. Gad Lerner possiede una casa solitaria in una piccola valle tra le colline del basso Monferrato. Ha fatto il filo a questo luogo dalla seconda metà degli anni Novanta, quando la sua famiglia viveva divisa fra Milano e Torino. Cercava un posto comodo per tutti e una casa tutta sua nella quale identificarsi, pensandola come luogo di riposo, ma anche di lavoro per una vita nuova, più riflessiva. Gad Lerner racconta di aver sempre amato il vino e per questo motivo non avrebbe mai avuto la presunzione di produrlo. Ma il destino ha voluto che sulla collina accanto alla sua vivesse un giovane talento dell’enologia piemontese, Fabrizio Iuli. Proprietario di vigne vecchie, le migliori, piantate ottant’anni fa dai suoi nonni. È bastato assaggiare i suoi prodotti per capire che faceva sul serio. Iuli è contadino ed enologo al tempo stesso, garanzia di qualità in vigna e in cantina. E così Lerner è diventato suo socio, ha piantato anche lui una vigna, ma sostiene che il merito del vino sia tutto di Iuli. Nel 2003 è iniziata la produzione commerciale di Lerner, che esisteva già dal 1999. Il loro vitigno di territorio, ci spiega, è la Barbera che viene vinificata in acciaio (Umberta, che porta il nome della moglie di Lerner), nel legno usato (Rossore) e nel legno nuovo, «ma stando attenti che non puzzi di legno», precisa, per le vigne più vecchie (Barabba).
Quest’ultimo è stato vincitore quest’anno dei Tre Bicchieri, massimo punteggio della Guida del Gambero Rosso Slow Food, insieme a sole altre tre Barbere di altri produttori. E così come Bisio si dà da fare con la raccolta delle olive e il relativo imbottigliamento del suo Bisunto, Lerner partecipa agli assaggi in cantina, alle scelte di marketing sulle etichette e sulle iniziative promozionali, si occupa della commercializzazione, di degustazioni, condivide le scelte di gusto sui vini. Per lui la campagna è bellezza, silenzio, il rapporto con gli animali selvatici e le incognite della natura. Un momento di distacco che favorisce l’approfondimento della ricerca culturale e giornalistica, la possibilità di ospitare gli amici in un ambiente che risulta loro straordinario. Quando non è costretto per lavoro a frequentare studi televisivi, Lerner si è organizzato per scrivere anche da questo buen retiro; il suo obiettivo è quello di abitare sempre di più nel luogo di campagna che già considera la sua prima casa. Marco Lodola non produce né olio, né riso, né vino, ma opere d’arte ormai famose in tutto il mondo. Artista che ha partecipato all’ultima Biennale di Venezia, nella campagna lombarda ci è nato, precisamente nel Pavese, a Dorno. Non a caso è scherzosamente soprannominato dagli amici l’“Andy Warhol delle risaie”. Il suo rapporto con la campagna è fondamentale, non tanto per i prati, l’aria o il cielo, per i quali non nutre un’attrazione speciale, ma per l’atmosfera particolare e la serenità che il luogo conferisce. La campagna è un filtro per metabolizzare le energie della metropoli. Lodola afferma di amare molto la città, ma della campagna adora le pause. In questa pausa dove c’è il nulla, la creatività dell’artista trova il suo migliore sviluppo, cosa che non si potrebbe trovare in un luogo di città dove c’è tutto, e la creatività
è per forza limitata, a causa del bombardamento di stimoli ai quali si è sottoposti.

L’AMORE PER LA CAMPAGNA, L’ASCOLTO DEL RITMO DELLA NATURA
E “IL PANE DI IERI”

Un altro grande teorico (ma anche pratico) della campagna è lo scrittore Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità di Bose. Il suo libro Il pane di ieri è un manifesto del ritorno a una vita semplice, fatta di ascoltarsi e ascoltare. Cito il passo di un suo capitolo, dedicato al canto del gallo.
Credo che riassuma molto bene ciò che passa nella mente e nel cuore di coloro i quali amano la campagna.
«Gallo canente spes redit, con il canto del gallo ritorna la speranza. La speranza di un nuovo giorno, la speranza che la notte sia vinta dalla luce, la speranza che i fantasmi notturni fuggano per cedere il posto alla realtà della vita, sempre più bella di ciò che sogniamo, una speranza di cui tutti
abbiamo così bisogno ...».

Edizioni CELIP Società del Giardino

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